venerdì 25 aprile 2025

Festosa sobrietà

 


25 apirle Festa della liberazione dell'Italia dal nazifascismo, ad ottanta anni di distanza.

Ci viene chiesto di festeggiarla con sobrietà. Come chiederebbero di farlo al credente che festeggia Natale e Pasqua. Proprio così, perché oggi è il Natale e la Pasqua dell’Italia in cui attualmente viviamo, la sua nascita e la sua resurrezione dalla morte in cui l’ha condotta il fascismo alleato della Germania nazista. Quindi, buon 25 aprile a tutti quelli che credono nell’Italia Repubblicana, democratica e antifascista.

In una bella giornata di sole, con il rischio di qualche temporale pomeridiano, che poi è stato solo il passaggio di nuvole nere, quasi a significare lo scampato pericolo che pure noi abbiamo corso, salvati da quello che sarebbe potuto essere un triste destino, evitato ottanta annio fa.

Ma come può sapere chi non l'ha vissuto, cosa sia stato quel periodo e cosa fu quel 25 aprile di ottanta anni fa. Il modo migliore sicuramente leggere le parole di chi ha rischiato la vita o l'ha persa, insomma di chi ha vissuto il periodo, chi ha visto quel giorno e chi non ha potuto vederlo perchè morto prima, proprio per realizzarlo.

Un esempio le parole di Calamandrei per descrivere gli uomini e le donne che hanno lottato contro il nazifascismo :
"I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi. Non sanno chi fu quel giovanetto della Lunigiana che, crocifisso ad una pianta perché non voleva rivelare i nomi dei compagni, rispose: «Li conoscerete quando verranno a vendicarmi», e altro non disse. Non sanno chi fu quel vecchio contadino che, vedendo dal suo campo i tedeschi che si preparavano a fucilare un gruppo di giovani partigiani trovati nascosti in un fienile, lasciò la sua vanga tra le zolle e si fece avanti dicendo: «Sono io che li ho nascosti (e non era vero), fucilate me che sono vecchio e lasciate la vita a questi ragazzi». Non sanno come si chiama colui che, imprigionato, temendo di non resistere alle torture, si tagliò con una lametta da rasoio le corde vocali per non parlare. E non parlò. Non sanno come si chiama quell'adolescente che, condannato alla fucilazione, si rivolse all'improvviso verso uno dei soldati tedeschi che stavano per fucilarlo, lo baciò sorridente dicendogli: «Muoio anche per te… viva la Germania libera!».

Per rendeersi conto di cosa rappresenta il 25 aprile, si possono leggere le righe scritte da Barbero:  “Il 25 aprile non si celebra soltanto l’insurrezione dei partigiani che hanno liberato le città italiane. 
Si celebra la fine della guerra, la sconfitta dei tedeschi, la distruzione della tirannia nazifascista. E si celebra il fatto che, grazie all’insurrezione dei partigiani, l’Italia, che aveva cominciato quella guerra dalla parte vergognosa, di quelli che hanno fatto le camere a gas e i forni crematori, almeno un pezzo d’Italia, è riuscita a combattere e morire dalla parte giusta. 
A quelli che oggi non si vogliono dire antifascisti, a loro vorrei chiedere: preferivi che gli americani e le nazioni unite avessero perso la guerra? Preferivi che avesse vinto Hitler? Preferivi vincessero quelli delle camere a gas? Perché, se è così, puoi anche non andare a celebrare il 25 aprile."

Cosa rispondere a chi invece si professa disilluso e non festeggia perchè oggi l'Italia è quella dei partiti e dei politici che non operano a favore dei propri concittadini, ma per sè stessi e, a volte, sono pure corrotti e compromessi con interessi avverrsi al bene comune. Gli si può rispomdere con le parole di un partigiano che è stato pure, secondo me, il più grande Presidente della Repubblica Italiina, Sandro Pertini: "Meglio la peggiore democrazia che la migliore dittatura . 

A chi invece, non festeggia perchè da per scontata la libertà e non sa, in fondo, cosa sia veramente questa libertà come gliela si può descrivere, se non dicendogli che è molte cose, fino ad essere il non fare tutto ciò che si vuole a dispetto di tutto e tutti, ma sicuramente è poter dire, scrivere senza paura di dover sentire bussare alla tua porta e temere di essere portatio via e scomparire senza che i tuoi familiari sappiano dove sei finito. Significa non accontentarsi e dare la propria preferenza a colui che seppure imperfetto ti sembra migliore di altri, più capace di rappresentarti.

A coloro che invece non festeggiano, perchè anche coloro che lliberarono l'Italia, commisero atrocità, cosa dire se non che le atrocità si condannano certamente, ma che occorre anche riflettere sul contesto e il momento. Ma anche che resta una differenza netta tra chi commise atrocità e bestialità (come pure quella in Piazzale Loreto) e chi fino all'ultimo sostenne la repubblica di Salò creata da queli nazisti che trucidarono civili italiani (uomini, donne e bambini), per pura rappresaglia alle azioni di resistenza contro l'oppressione nazifascista. Per questo non si possono accettare revisionismi, o peggio giustificazioni del fascismo e dei repubblichini di Salò, parlando di guerra civile quasi a sostenere che il 25 aprile non si festeggia perchè tragedia nazionale. 

E chi afferma che il fascismo fece anche cose buone cosa possiamo dire se non che non esiste un primo fascismo e un secondo tempo fascista, perchè il fascismo fu sin da subito violenza contro gli oppositori, censura di chi non la pensava allo stesso modo, fu le leggi razziali sulla scia del nazismo, fu il tentativo dello sciacallo che segue il leone tedesco per accaparrarsi avanzi delle prede dei paesi europei invasi e sottomessi; lo stesso che mandò tanti italiani a morire in guerre insensate fino a ritrovarsi invasi dall'ex alleato nazista che dopo l'8 settemre 1943 uccise prima imilitari dell'esercito italiano perchè considerati traditori  e finì con il trucidarne le loro madri e padri e persino i loro fratelli bambini, tutti civili rimasti nelle proprie case, invase e occupate dale truppe tedesche. 

E allora festeggiamo, senza pensare alla sobrietà, perchè un termine che nulla a che fare con questo giorno, dato che è una festa naturalmente senza sfarzo e fronzoli, di per sè stessa contenuta perchè pregna della tragedia di chi è morto in un periodo tragico per questo Paese.

Festeggiamo e usando le parole del Presidente della Repiubblica ricordiamoci che è sempre tempo di resistenza.

mercoledì 5 febbraio 2025

Poesia per una compagna


Mia cagnolina, mia compagna, 
la mia amica come ti chiamava mia moglie. 
 
Tu che te ne sei andata, 
nei miei sogni, stanotte, un angelo
tra le sue ali, a me t’ha riportato. 

Eri felice, in salute,
festante quando ti ha messo nelle mie braccia
e col musetto hai ricoperto di baci il mio viso. 
 
Eri tornata, stiracchiandoti serena 
per  poi aggrapparti alle mie gambe
nel tuo dirmi “ti voglio bene”. 

Tra le braccia dell’angelo
te ne sei poi andata,
nello svanire del mio sogno, 
per tornare in quel paradiso 
in cui è così difficile credere.
Luogo in cui probabilmene non giungerò, 
dove mi aspetti scodinzolando,
con i tuoi nuovi amici, 
con il tuo ululare felice 
come quando dalla finestra 
vedevi il mio tornare a casa.

mercoledì 4 dicembre 2024

Il sesto senso

 

Ciao Nocciola.
Ti scrivo e già so che alcuni penseranno che sia sciocco ch'io scriva al mio cane, che ha lasciato questa vita. So però, altrettanto certamente, che altri non lo penseranno, comprendendo il significato di questo post e per questo potranno anche criticarlo se lo ritengano.
Ti scrivo perchè il tuo lasciare questa vita, che ha lasciato tristezza e un senso di vuoto, mi ha però voluto donare il tempo della riflessione. Contraccambio così a questo tuo amaro dono,  regalandoti queste poche righe e parlarti ancora.
La prima riflessione che mi ha donato è in merito all'anima.
qualunque cosa sia l'anima, se solo quel soffio di vita che ci permette di esistere in questo mondo, che sia il proprio modo di essere il nostro cosiddetto carattere, oppure qualcosa che esiste oltre il materiale e ci sopravviva, non so dirlo.
Posso, invece, dire che sbagliano coloro che pensano all'anima come ad una prerogativa dei soli uomini e non anche di altri esseri viventi.
Non potendo saper con certezza cosa sia l'anima, posso dire senza dubbio che non appartenga solo a noi uomini, ma sia propria anche di altri esseri viventi, di quelli che, come te, condividono la nostra esistenza terrena a nostro stretto contatto. 
Non è il voler attribuire agli animali caratteristiche e comportamenti dell'uomo e posso dirlo e provarlo, raccontando mille episodi vissuti con te. Il rapporto che avevi con Tigro il tuo compagno felino, che consideravi tuo fratello che ci hai lasciato un anno prima di te. Per come dimostravi di non pensarlo di una specie diversa e incompatibile con te, ma con cui poter convivere come hai fatto anche con qualche altro gatto di quartiere, cercandoli e facendoti accettare da loro come foste della stessa specie, al pari di come, invece, non ne sopportavi altri.
Basterebbe anche solo questo, per provare che non si può ritenere che solo l'uomo abbia un anima, quando molti non riescono a rispettare la vita dei loro simili, esseri della stessa specie, al contrario di animali, che dimostrano di saper vivere e rapportarsi con quelli di una specie diversa dalla loro.
Posso testimoniare della tua anima, per come la esprimevi nel tuo vivere in ogni momento, nei viaggi, nei tanti luoghi e con i diversi mezzi con cui li hai fatti con noi
Posso affermarlo per come ti sentivi parte di un gruppo, "il tuo branco", persino quando nei natali vedendo scartare i nostri regali, aspettavi che ti fosse dato il tuo. 
Quelle che sembrano sciocchezze a chi legge queste righe posso dire, avendole vissute, che tante sono state le conferme che avessi un'anima.
La seconda riflessione che mi hai donato è sull'esistenza del destino, o al contrario del caso, oppure  l'esistenza di qualcosa di superiore che regoli la nostra vita e il suo percorso.
Pur avendo una mia idea in proposito, ho un senso di pudore nell'esprimerla, per rispetto dell'altro, ritenendo che su questi argomenti non si possano esprimere proprie idee per timore di affermarle come certezze e verità, quando invece sono vestite del dubbio. 
Prescindendo dalla mia personale convinzione, la nostra convivenza e il motivo per cui ci siamo incontrati in questa vita, mi fa dire con certezza che quanto ci accade dipenda da scelte fatte su tutt'altre basi e per tutti altri motivi rispetto alle conseguenze a cui ci conducono.
L'esserci incontrati è stata conseguenza, infatti, della scelta di una scuola elementare per mia figlia Giulia, per te sorella; colei che, quando tornava a casa, con me e "tua mamma", vedevi e cercavi per prima, a volte quasi dimenticando anche la nostra presenza. 
Sorella, perchè quando arrivasti era cucciola come te, cresciuta con te per i dodici della tua vita, fino a diventare donna, ma rimanendo, con te e per te, sempre come allora sorella d'infanzia.
Sei arrivata a noi, perchè eri nella cucciolata della sua compagna di classe e neppure, quando Giulia volle che l'accompagnassi a vedere quei cuccioli, lo facemmo per volere un cane, come compagno di vita. Ma se è vero che il motivo del nostro incontro in questo cammino non è stata una precisa scelta riguardo te, con altrettanta certezza è dipeso da noi l'esserci scelti. Posso dirlo perchè, quando io e Giulia arrivammo e tutto il resto della cucciolata girovagava per le stanza, tu ci guardasti ferma in quella cuccia, mentre con i nostri occhi che si sono incontrati, sei venuta da noi tra le nostre gambe ancora sconosciute, le stessse che per una vita ti hanno avuta, acciambellata, praticamente ogni giorno.
Il caso, il destino, un'entità superiore ? Qualunque cosa si creda sia stato, ci ha donato questo percorso quello che per te è l'intera vita, per me una parte, così intensa da non permettermi di ricordare l'altra in cui non eravamo assieme.
La terza riflessione è sulla permanenza, l'esistenza oltre questa fase di vita terrena. Anche in questo non si può esprimere in un post la propria idea, così costellata dal dubbio  e che può essere solo oggetto di fede. Ma la riflessione che mi hai lasciato è il titolo di questo post: “il sesto senso".
Titolo di un famoso film e concetto spesso citato, la condizione per cui, oggi pur nel vuoto che lasci con la tua assenza, pur senza vederti, toccarti e ascoltarti, io riesco a sentirti.
Il fatto che sei ormai presente in me, che permani con me in questo percorso terrreno.
Per tutta la notte passata con te, mentre ci stavi lasciando, in quell'alba in cui te ne sei andata di fronte al finestrone da cui eri in vedetta nei giorni di vita, ti ho più volte detto che non ti abbandonavo, che restavo con te sino alla fine. Così ho fatto.
Non ti ho abbandonato sino alla tua fine, ma la promessa è che non lo avrei fatto neppure sino alla mia, perchè resterai con me per tutto il tempo di questa vita.
Con questo post vado oltre quella promessa, perchè cerco di farti persistere e di farti portare nel cuore anche di chi leggerà queste righe, che abbia avuto o meno il privilegio di conoscerti. 
Cercherò anche di farti esistere oltre, grazie a queste poche parole che affido al tempo ancorà più immenso di noi, che a pensarlo così sconfinato ci spaventa.
Ciao Nocciola, se può esistere l’unico dubbio di poterci ancora ritrovare, esiste la certezza che in quel momento sarà come non esserci mai separati, perchè non ti abbandonerò fino alla fine, nel proseguire la vita in cui ci siamo incontrati, anime da sempre unite.



 
 
 
 




venerdì 1 novembre 2024

A mia, nostra figlia

 

Dopo alcuni anni, forse troppi, torno a guardare lo specchio.
Lo specchio di Galadriel a cui si può chiedere, come dice il sottotitolo del mio blog, di rivelare molte cose; lo specchio che, però, ad alcuni mostra ciò che desiderano vedere oppure cose che furono, cose che sono, cose che devono essere, ma nessuno, neppure il più saggio, può sapere cosa stia vedendo.
 
Per questo, come altre volte, a voi lettori dico che se mi chiederete se guardare o meno, non vi potrò consigliare, perchè vedere è al tempo stesso un bene e un pericolo.
 
Guardo lo specchio e vedo il tempo in cui la propria unica figlia compie la maggiore età. I suoi 18 anni, che non saranno mai identici ai miei, né a quelli di ognuno di voi.
Il giorno in cui tua figlia sembra la stessa persona che tenevi sulle spalle o portavi in bicicletta sul seggiolino dietro, quela che aspettavi fuori dalla scuola.
Quella persona che comprendi, ma che resta anche altro e che forse non conosci, nei suoi mille pensieri che non ti appartengono, nei sentimenti che non afferri.
Così affiora nello specchio l'immagine del tuo essere, stupito dalla sensazione di un giorno, in cui capisci che ormai la bambina s’avvia ad esser donna. 
 
Per questo, figlia mia, alcune parole affido a questo oceano immenso che è l'esistenza, come il naufrago, le metto in un post come nella fragile bottiglia che forse troverai, approdando in qualche isola della tua vita, e che riconoscerai tra le tante parole disperse in mare, impigliate nella rete. 
Pensieri, parole, che oggi ancora non conosci, e che si illudono di poterti riempire l’anima e il cuore, se e quando le leggerai.
 
Giulia, il nome che ti abbiamo dato, io e tua madre, che non volemmo sapere prima se fossi lui o lei.
Noi due, inesperti maestri d’ascia, nel costruire la nave che ti avrebbe fatto navigare in questa vita.
Da quel giorno, con le vele pronte a dispiegarsi al vento, sei stata al nostro fianco. Al tempo, piccola barca a circumnavigare i confini del porto, oggi pronta a solcare mari profondi, fantastici e spaventosi, con l’esperienza fatta nelle prime mareggiate, che ti potranno insegnare ad affrontare le tempeste che potresti incontrare. Goditi la bonaccia del mare, nonostante il timore delle bufere.
Noi, io e tua madre, che sempre ti abbiamo accompagnato e, sempre più, oggi restiamo a riva ad osservare mentre ti allontani verso l’orizzonte, che neppure scorgiamo, mentre veleggi in mari in cui non navigammo e che mai solcheremo. La nostra certezza che sempre più spesso resteremo ad osservare la linea di confine, tra cielo e mare, verso cui tenderai, nell'attesa e nella speranza che laggiù, all’improvviso, di nuovo compaia la tua vela distesa al vento, che ti riporta per qualche tempo al porto. La certezza dei giorni in cui i mille ricordi cadranno, come pioggia leggera, attraverso la finestra dei miei occhi, verso il cuore allagato di nostalgia.
Chissà se le mie illusioni di bambino giaceranno nei tuoi sogni notturni, in un legame indissolubile tra te e me, che sopravvive oltre i limiti dell’eterno, mentre le tante parole che ti dissi baceranno il tuo viso al risveglio. Una speranza, la sfida alla precarietà del nostro tempo, l’angoscia che perpetua il mio continuo dubbio, con l’unica certezza e la sola verità che conosco che sei tu, in cui non svanirò neppure al finire dei miei giorni. 
Quel tempo, al finire del viaggio che non sappiamo se sarà il restare per sempre al porto o l'allontanarsi lungo il fiume lasciandosi trasportare dalla corrente del tempo infinito.
 
Giulia, in quel tempo, forse anche tu sarai diventata costruttrice inesperta di navi, intenta a insegnare a navigare a chi sarà tuo figlio, come facemmo con te, io e tua madre.
Tempo, in cui sarai già saggia, con l’esperienza del marinaio.
Saprai che esistono le barche timorose, ferme nel porto, che non si arrischiano, che non navigano spaventate dalle tempeste, dimentiche di esistere solo per quello. 
Tu, confido, già saprai che non esiste altro che unirsi alle tante altre barche, pronta ad affrontare ogni vento, superando gli uragani, navigando un giorno e poi ancora, con la certezza che esisterà sempre un porto in cui arrivare, seppure con la vela lacera e la vernice scrostata, un lido sicuro dove riposare prima di ripartire.
Solo le navi, che hanno cuore e anima immensi come gli oceani, possono navigarli; le altre resteranno nell'ansa a rifugiarsi, attendendo immobili la ruggine, certi solo di invecchiare.
 
Così ti auguro di avere vele grandi come ali giganti, che ti facciano correre alla spiaggia e poi ancora verso il mare.
La forza di prendere, ma anche di lasciare persone che non sono capaci di accompagnarti che non appartengono a ciò che sei; “non sei per tutti e non tutti sono per te”.
E saprai che non ci sarà cosa più preziosa che te. Per questo ti sentirai irrequieta e nervosa, nel navigare accanto a chi non è fatto della tua sostanza e sentirai chi sarà già nella tua scia, con navi che seguono le tue stesse rotte, verso le stesse mete.
 
Naviga figlia mia, naviga mio cuore, verso quei lidi dove un giorno troverai questa bottiglia che conserva queste parole, intatte, non corrose dal sale di un tempo sconfinato.
Emergeranno dall’oceano queste righe, che leggerai, scritte da un naufrago ormai disperso, assieme a tua madre, nell’immensità che tutti ci sovrasta, tornati dove non ci potrai vedere.
Sarà allora, che sentirai la stessa pioggia, che ora sento, scendere dagli occhi nel cuore, allagato di nostalgia.
Non essere triste, ma naviga, naviga felice tra quelle onde in cui t’accompagnammo, in quei mari a cui ti affidammo.

lunedì 16 novembre 2015

Parigi val bene ... una parola


Parigi val bene una messa. Questa la frase che con il titolo del mio post ho voluto parafrasare.
La frase è attribuita dalla tradizione a Enrico IV di Borbone detto il grande, primo re di Francia della dinastia dei Borbone, che dalla madre regina di Navarra ne ereditò la corona divenendo Enrico III di Navarra.
Fu re nel '500, un periodo in cui la Francia era devastata da una guerra civile, finita con la presa del trono proprio da parte di Enrico di Navarra.
Si racconta che proprio nell'occasione dell'incoronazione, egli pronunciò questa frase in quanto, per diventare re, dovette convertirsi al cattolicesimo perché ugonotto e di religione protestante.
Con tale frase quindi si vuole significare che per ottenere un alto e importante scopo vale la pena sacrificarsi. L'importanza di rinunciare per ottenere ciò che desideriamo, nel caso di Enrico, conquistare Parigi.
Ecco perché la parafrasi nel titolo: anche oggi, tutti noi dobbiamo essere pronti a sacrificare qualcosa di caro per conquistare ciò che è più importante: anche nel nostro caso, Parigi.
Parigi d'Europea, città dell'illuminismo europeo, di quell'Europa che abbiamo dimenticato, perché oggi la identifichiamo solo come europa delle banche e del denaro, dell'economia e degli affari.
Un'Europa che è invece tradizione di multi culturalità, di convivenza e di libertà.
La Parigi del nostro cuore di Europei, quella cosmopolita, quella della uguaglianza, della fraternità ma soprattutto della libertà.
Gli attentati di Parigi sono proprio e prima di tutto attentati alla libertà, non di culto e di religione, che spesso sono solo gli alibi e i fantocci sventolati per fini di conquista del potere politico e temporale (come il caso dei Jihadisti oggi, ma nel passato,  meno di mille anni fa, anche della Chiesa Cattolica).
Si tratta di una libertà più preziosa, quella di essere e di poterci sentire uguali, uomo o donna che siamo. La libertà di leggere ciò che vogliamo, di esprimerci come vogliamo e di pensare come vogliamo.
Ma quella che dobbiamo difendere è una libertà ancora più importante, quella di vivere e di farlo senza paura.
Del resto Parigi ha resistito ai nazisti e all'invasione di Hitlher. Ha resistito ad un altro tipo di guerra santa, così come pensata e interpretata dai suoi fautori, che anche al tempo, la pensavano santa, esoterica a difesa della supremazia di una razza anziché di una religione.
Parigi ha resistito a quell'invasione e i nostri nonni hanno resistito in qualunque luogo si trovassero. Questo è quello che dobbiamo fare noi oggi, resistere ovunque siamo, come ci insegnarono i nostri predecessori.
Resistere in ogni modo, il primo dei quali è resistere alla paura di non fare ciò che avremmo fatto ieri prima degli attentati, ci costasse pure la vita.
Resistere anche dicendo o scrivendo due parole, semplicemente queste: come non ce la fecero i nazisti, non ce la faranno questi vili terroristi; come i primi, i musulmani guerrafondai perderanno perché la libertà è un istinto dell'uomo più grande dell'uomo. La libertà è immanente e vincerà per principio di naturalezza, perché è insita nella natura. Da sempre la libertà è esistita e ha resistito sconfiggendo chi l'ha voluta limitare o eliminare.
Permettetemi infine di dedicare questo post a Valeria Solesin la ricercatrice italiana di 28 anni, morta nel corso degli attentati. Valeria che era ricercatrice all'Ined, istituto della Sorbona, quindi cervello in fuga dall'Italia si direbbe.
Valeria che però era soprattutto una ragazza giovane che tanto ha dato e più poteva dare.
Che studiava e ricercava in materia di welfare e di come conciliare maternità e lavoro. Valeria che quindi sudava e ricercava per la libertà di essere donna, di essere madre e al contempo di essere libera di lavorare.
Ma di questo i Jihadisti, i grandi guerrieri come si credono, cosa ne sanno. Cosa sanno di essere donna, cosa ne sanno di essere madre, cosa nel sanno di libertà. Non sanno che proprio grazie alla libertà finiranno.

mercoledì 12 marzo 2014

Le quote rosa sono ...


Torno a scrivere un post.
Dopo giorni, in verità mesi, di assenza, settimane di post concepiti, strutturati in bozza, non finiti lasciati ad incubare tra quelli in archivio del blog e non pubblicati, torno a scrivere, d'improvviso, creando un post, non covato "così a lungo" come altri, il cui tema trattato è esso stesso ragione dell'impellenza per cui viene scritto: le quote rosa, o meglio le quote di lista.
So che molti che leggono questo blog sono donne; sono consapevole, quindi, quanto sia "pericoloso" affrontare un tema di questo tipo; sento però altrettanto intensamente quanto sia stimolante farlo, perché originato da una riflessione sull'attualità e rispetto a cui sono pronto a ricevere commenti dalle lettrici su quanto esporrò (anzi invito a farlo e spero di riceverne molti).
Notizia di questi giorni la discussione in Parlamento della legge elettorale e nello specifico la questione delle "quote rosa", conosciuta al secolo con il termine ancora più brutto della "parità di genere".
Lo specifico emendamento, sostenuto dalle parlamentari "in bianco", che indicano come una delle principali motivazioni la tutela di donne che si occupano di politica, del bene comune, che militano in associazioni e formazioni sociali di vario genere e contemporaneamente lavoro e si rendono cura della famiglia. Per questo motivo ne andrebbe garantita "per legge" l'elezione, riservando una una certa proporzione percentuale alle donne nella formazione delle liste elettorali rispetto al numero totale degli eleggibili. 
La domanda che però mi son da subito posto è: ma la tutela delle donne che non si occupano di politica, ma comunque lavorano e contemporaneamente di occupano della propria famiglia vale forse meno e deve essere sostenuta in misura meno pressante?
Mi sono posto questa domanda, perché mi sembra che queste parlamentari, elette essendo nominate (vista l'assenza delle preferenze), si occupano ora con tanto ardore delle quote rosa, della difesa della parità e della femminilità, ma lo fanno solo o molto intensamente per la questione delle quote rosa in politica, così che sorge il dubbio: dal momento in cui sono state elette hanno fatto altrettanto per la stessa questione quote rosa, parità di genere, in altri ambiti della vita sociale che non sia quello legato alla questione elezioni?
E mi chiedo ancor prima: ma perché queste donne parlamentari non hanno votato a favore del ripristino delle preferenze nel sistema elettorale ??? ... magari i cittadini avrebbero preferito, votandole, donne (magari capaci e competenti) rispetto a uomini (magari meno capaci e meno competenti) ... e la quote rosa sarebbe forse stata maggiore, ma non per legge, quanto invece per la legittima e opportuna scelta degli elettori, a cui spetterebbe sempre la sovranità e il diritto di scelta ... diritto che queste parlamentari preferiscono, così pare, attribuire a certi segretari o padroni di partito , gli unici che possano quindi decidere quante e soprattutto quali donne far eleggere!!!!
L'abbiamo visto negli ultimi anni, in certi casi, quali donne elette-nominate sono state scelte da alcuni segretari - padroni di partito, vista la mancanza della possibilità per gli elettori di esprimere preferenze al momento del voto.
Meriti o competenze dove sono ? sono sempre presenti alla base della scelta ?
E poi queste parlamentari che si preoccupano solo ora della parità di genere (solo per il fatto che vi debba essere presente nelle liste elettorali un certa percentuale di donne eleggibili in parlamentari) dove sono state, sino ad oggi, quando, dato il loro incarico, dovevano e avrebbero dovuto legiferare per difendere la donna dalla violenza che subiscono da parte di uomini diciamo "possessivi" (notizie quotidiane di violenze ed omicidi)?
oppure si sono preoccupate di legiferare per creare le migliori condizioni di vita familiare possibili per le donne: vedi questione degli asili, o del precario equilibrio e rapporto tra tempo per la famiglia e quello per il lavoro ? Od ancora, hanno cercato di creare un sistema che permetta la piena integrazione tra i servizi scolastici, lo sport ed i trasporti, creando le premesse per una rete locale che integri il tempo di scuola, con quello dello sport, anche grazie a trasporti pubblici destinati in parte a tal fine, senza chiedere a genitori di rimbalzare tra un luogo all'altro con la propria auto o delegare a baby sitter o parenti vari ?
Ecco le quote rosa, la parità di genere a mio giudizio, non è la percentuale predeterminate per legge per assicurare che un certo numero di parlamentari eletti sia donna.
Le quote rosa sono:
- la difesa delle donne contro la violenza maschile (perché dobbiamo ammetterlo c'è differenza tra come reagiscono certi uomini quando sono lasciati o gli viene detto che non sono più amati, rispetto alla reazione delle donne di fronte alla stessa situazione);
- la difesa delle donne contro lo stalking, una difesa anche con l'intervento di polizia e magistratura, che non lasci libero e tranquillo chi ossessiona una donna, una ex, fino al giorno in cui possa serenamente, massacrarla di botte;
- la tranquillità per un padre di far frequentare la propria figlia ad un ragazzo che non uccida la sua fidanzatina se viene lasciato, come invece è successo in vari casi tra cui quello di Fabiana Luzzi di 17 anni, il cui corpo fu bruciato da chi diceva di amarla ancora;
- i servizi sociali e una società in genere che eviti casi come quello d'attualità,  della donna di origine albanese che viveva da tempo a Lecco e che ha ucciso le sue tre figlie, mentre il marito andava in Albania a comunicare alla famiglia di origine che l'avrebbe lasciata. E questo magari solo perché quella donna  ha avuto il timore, la paura di trovarsi sola e "in povertà di spirito e di forza" con tre figlie e senza un compagno. 
Poi assistiamo alla difesa del Presidente della Camera, Boldrini, che difende il Ministro Boschi dalla satira (l'imitazione a Ballarò) definita sessista ... Boldrini che viene però a sua volta attaccata, proprio per questo, da una donna come Fiorella Mannoia, non certo definibile maschilista o misogina, che non condivide un certo modo di difendere le donne e la femminilità, perché avvertito come una modalità ipocrita di fare politica a tutela della parità di genere e della difesa della realtà femminile e dell'essere donna.
Insomma, credo che si sia di fronte ad uno modo del tutto strumentale con cui in politica si cerca di sostenere una parità tra donne e uomini, che genera un femminismo becero e preconcetto, e che da luogo ad una tutela del mondo femminile minimale e di facciata, più che sostanziale, non sviluppando misure concrete che sostengano le donne in quanto tali, prima ancora che le donne in quanto politici.
Vedo una certa estemporaneità, che poi si concretizza in certe modalità (sostenute anche da certi uomini) di festeggiare l'8 marzo, quando poi, fattivamente  non si riesce a tutelare la donna, non dico per gli altri 364 giorni dell'anno, ma neppure nei giorni 8 dei restanti mesi che non siano marzo.

sabato 21 dicembre 2013

Luci soffuse


Nei giorni di pioggia e di sole,
nel turbinar dei miei pensieri,
nel soffio delle tue parole, sogno
la parte di giorno, in cui si e' sinceri,
quando il sole si riposa
mentre il cielo si fa scuro
e sale, alta, la sua sposa.
Schiaccia l'ombra mia al muro
la luce tremula d'una candela
t'imprigiona nel mio cuore,
ch'ancora palpita ed anela
il tuo respiro, la voce dell'amore.
Come un limpido giorno,
dopo una forte nevicata,
come il ruscello ghiacciato
nel paesaggio che attende l'aprile,
ove non germoglian rimpianti,
ma l'abbandono di alibi e scuse,
mi porgi le tue labbra schiuse
gocce di brina sull'erba, diamanti,
col tuo sospiro che sa di antichi canti,
le stelle, la luna, le palpebre socchiuse
sulle nere tue pupille, luci soffuse.