lunedì 16 novembre 2015

Parigi val bene ... una parola


Parigi val bene una messa. Questa la frase che con il titolo del mio post ho voluto parafrasare.
La frase è attribuita dalla tradizione a Enrico IV di Borbone detto il grande, primo re di Francia della dinastia dei Borbone, che dalla madre regina di Navarra ne ereditò la corona divenendo Enrico III di Navarra.
Fu re nel '500, un periodo in cui la Francia era devastata da una guerra civile, finita con la presa del trono proprio da parte di Enrico di Navarra.
Si racconta che proprio nell'occasione dell'incoronazione, egli pronunciò questa frase in quanto, per diventare re, dovette convertirsi al cattolicesimo perché ugonotto e di religione protestante.
Con tale frase quindi si vuole significare che per ottenere un alto e importante scopo vale la pena sacrificarsi. L'importanza di rinunciare per ottenere ciò che desideriamo, nel caso di Enrico, conquistare Parigi.
Ecco perché la parafrasi nel titolo: anche oggi, tutti noi dobbiamo essere pronti a sacrificare qualcosa di caro per conquistare ciò che è più importante: anche nel nostro caso, Parigi.
Parigi d'Europea, città dell'illuminismo europeo, di quell'Europa che abbiamo dimenticato, perché oggi la identifichiamo solo come europa delle banche e del denaro, dell'economia e degli affari.
Un'Europa che è invece tradizione di multi culturalità, di convivenza e di libertà.
La Parigi del nostro cuore di Europei, quella cosmopolita, quella della uguaglianza, della fraternità ma soprattutto della libertà.
Gli attentati di Parigi sono proprio e prima di tutto attentati alla libertà, non di culto e di religione, che spesso sono solo gli alibi e i fantocci sventolati per fini di conquista del potere politico e temporale (come il caso dei Jihadisti oggi, ma nel passato,  meno di mille anni fa, anche della Chiesa Cattolica).
Si tratta di una libertà più preziosa, quella di essere e di poterci sentire uguali, uomo o donna che siamo. La libertà di leggere ciò che vogliamo, di esprimerci come vogliamo e di pensare come vogliamo.
Ma quella che dobbiamo difendere è una libertà ancora più importante, quella di vivere e di farlo senza paura.
Del resto Parigi ha resistito ai nazisti e all'invasione di Hitlher. Ha resistito ad un altro tipo di guerra santa, così come pensata e interpretata dai suoi fautori, che anche al tempo, la pensavano santa, esoterica a difesa della supremazia di una razza anziché di una religione.
Parigi ha resistito a quell'invasione e i nostri nonni hanno resistito in qualunque luogo si trovassero. Questo è quello che dobbiamo fare noi oggi, resistere ovunque siamo, come ci insegnarono i nostri predecessori.
Resistere in ogni modo, il primo dei quali è resistere alla paura di non fare ciò che avremmo fatto ieri prima degli attentati, ci costasse pure la vita.
Resistere anche dicendo o scrivendo due parole, semplicemente queste: come non ce la fecero i nazisti, non ce la faranno questi vili terroristi; come i primi, i musulmani guerrafondai perderanno perché la libertà è un istinto dell'uomo più grande dell'uomo. La libertà è immanente e vincerà per principio di naturalezza, perché è insita nella natura. Da sempre la libertà è esistita e ha resistito sconfiggendo chi l'ha voluta limitare o eliminare.
Permettetemi infine di dedicare questo post a Valeria Solesin la ricercatrice italiana di 28 anni, morta nel corso degli attentati. Valeria che era ricercatrice all'Ined, istituto della Sorbona, quindi cervello in fuga dall'Italia si direbbe.
Valeria che però era soprattutto una ragazza giovane che tanto ha dato e più poteva dare.
Che studiava e ricercava in materia di welfare e di come conciliare maternità e lavoro. Valeria che quindi sudava e ricercava per la libertà di essere donna, di essere madre e al contempo di essere libera di lavorare.
Ma di questo i Jihadisti, i grandi guerrieri come si credono, cosa ne sanno. Cosa sanno di essere donna, cosa ne sanno di essere madre, cosa nel sanno di libertà. Non sanno che proprio grazie alla libertà finiranno.