venerdì 1 novembre 2024

A mia, nostra figlia

 

Dopo alcuni anni, forse troppi, torno a guardare lo specchio.
Lo specchio di Galadriel a cui si può chiedere, come dice il sottotitolo del mio blog, di rivelare molte cose; lo specchio che, però, ad alcuni mostra ciò che desiderano vedere oppure cose che furono, cose che sono, cose che devono essere, ma nessuno, neppure il più saggio, può sapere cosa stia vedendo.
 
Per questo, come altre volte, a voi lettori dico che se mi chiederete se guardare o meno, non vi potrò consigliare, perchè vedere è al tempo stesso un bene e un pericolo.
 
Guardo lo specchio e vedo il tempo in cui la propria unica figlia compie la maggiore età. I suoi 18 anni, che non saranno mai identici ai miei, né a quelli di ognuno di voi.
Il giorno in cui tua figlia sembra la stessa persona che tenevi sulle spalle o portavi in bicicletta sul seggiolino dietro, quela che aspettavi fuori dalla scuola.
Quella persona che comprendi, ma che resta anche altro e che forse non conosci, nei suoi mille pensieri che non ti appartengono, nei sentimenti che non afferri.
Così affiora nello specchio l'immagine del tuo essere, stupito dalla sensazione di un giorno, in cui capisci che ormai la bambina s’avvia ad esser donna. 
 
Per questo, figlia mia, alcune parole affido a questo oceano immenso che è l'esistenza, come il naufrago, le metto in un post come nella fragile bottiglia che forse troverai, approdando in qualche isola della tua vita, e che riconoscerai tra le tante parole disperse in mare, impigliate nella rete. 
Pensieri, parole, che oggi ancora non conosci, e che si illudono di poterti riempire l’anima e il cuore, se e quando le leggerai.
 
Giulia, il nome che ti abbiamo dato, io e tua madre, che non volemmo sapere prima se fossi lui o lei.
Noi due, inesperti maestri d’ascia, nel costruire la nave che ti avrebbe fatto navigare in questa vita.
Da quel giorno, con le vele pronte a dispiegarsi al vento, sei stata al nostro fianco. Al tempo, piccola barca a circumnavigare i confini del porto, oggi pronta a solcare mari profondi, fantastici e spaventosi, con l’esperienza fatta nelle prime mareggiate, che ti potranno insegnare ad affrontare le tempeste che potresti incontrare. Goditi la bonaccia del mare, nonostante il timore delle bufere.
Noi, io e tua madre, che sempre ti abbiamo accompagnato e, sempre più, oggi restiamo a riva ad osservare mentre ti allontani verso l’orizzonte, che neppure scorgiamo, mentre veleggi in mari in cui non navigammo e che mai solcheremo. La nostra certezza che sempre più spesso resteremo ad osservare la linea di confine, tra cielo e mare, verso cui tenderai, nell'attesa e nella speranza che laggiù, all’improvviso, di nuovo compaia la tua vela distesa al vento, che ti riporta per qualche tempo al porto. La certezza dei giorni in cui i mille ricordi cadranno, come pioggia leggera, attraverso la finestra dei miei occhi, verso il cuore allagato di nostalgia.
Chissà se le mie illusioni di bambino giaceranno nei tuoi sogni notturni, in un legame indissolubile tra te e me, che sopravvive oltre i limiti dell’eterno, mentre le tante parole che ti dissi baceranno il tuo viso al risveglio. Una speranza, la sfida alla precarietà del nostro tempo, l’angoscia che perpetua il mio continuo dubbio, con l’unica certezza e la sola verità che conosco che sei tu, in cui non svanirò neppure al finire dei miei giorni. 
Quel tempo, al finire del viaggio che non sappiamo se sarà il restare per sempre al porto o l'allontanarsi lungo il fiume lasciandosi trasportare dalla corrente del tempo infinito.
 
Giulia, in quel tempo, forse anche tu sarai diventata costruttrice inesperta di navi, intenta a insegnare a navigare a chi sarà tuo figlio, come facemmo con te, io e tua madre.
Tempo, in cui sarai già saggia, con l’esperienza del marinaio.
Saprai che esistono le barche timorose, ferme nel porto, che non si arrischiano, che non navigano spaventate dalle tempeste, dimentiche di esistere solo per quello. 
Tu, confido, già saprai che non esiste altro che unirsi alle tante altre barche, pronta ad affrontare ogni vento, superando gli uragani, navigando un giorno e poi ancora, con la certezza che esisterà sempre un porto in cui arrivare, seppure con la vela lacera e la vernice scrostata, un lido sicuro dove riposare prima di ripartire.
Solo le navi, che hanno cuore e anima immensi come gli oceani, possono navigarli; le altre resteranno nell'ansa a rifugiarsi, attendendo immobili la ruggine, certi solo di invecchiare.
 
Così ti auguro di avere vele grandi come ali giganti, che ti facciano correre alla spiaggia e poi ancora verso il mare.
La forza di prendere, ma anche di lasciare persone che non sono capaci di accompagnarti che non appartengono a ciò che sei; “non sei per tutti e non tutti sono per te”.
E saprai che non ci sarà cosa più preziosa che te. Per questo ti sentirai irrequieta e nervosa, nel navigare accanto a chi non è fatto della tua sostanza e sentirai chi sarà già nella tua scia, con navi che seguono le tue stesse rotte, verso le stesse mete.
 
Naviga figlia mia, naviga mio cuore, verso quei lidi dove un giorno troverai questa bottiglia che conserva queste parole, intatte, non corrose dal sale di un tempo sconfinato.
Emergeranno dall’oceano queste righe, che leggerai, scritte da un naufrago ormai disperso, assieme a tua madre, nell’immensità che tutti ci sovrasta, tornati dove non ci potrai vedere.
Sarà allora, che sentirai la stessa pioggia, che ora sento, scendere dagli occhi nel cuore, allagato di nostalgia.
Non essere triste, ma naviga, naviga felice tra quelle onde in cui t’accompagnammo, in quei mari a cui ti affidammo.