martedì 24 luglio 2012

Precaria mobilità, stabile immutabilità


Fa una certa impressione vedere la data di creazione dell'ultimo post che ho pubblicato sul mio blog (febbraio). Fa ancora più impressione, sapendo che non è quella la data in cui ho smesso di scrivere, ma solo quella in cui ho smesso di pubblicare. Infatti, ho creato molti e vari altri post dopo quello, ma tutti sono rimasti nel "cassetto". Diversi e vari anche i motivi per cui non li ho pubblicati: a volte perchè, non mi sembravano completi, altre perchè avevano come tema, questioni di attualità e, negli ultimi tempi, l'attualità appariva "grigia" e senza stimoli, incentrata solo su questioni economiche finanziarie (lo spread !!!) od aspetti che se contenevano aspetti sociali, il dibattito che ruotava attorno, ne svuotava, immancabilmente i contenuti (stabilità del lavoro e più ampia libertà di licenziare, risparmio della spesa, recessione e stimolo dei consumi).
Insomma sotto la cenere bruciava la solita mia passione per i temi sociali, filosofici, per la voglia di un ritorno all'umanesimo, che pare sbiadito da tempo, in quest'era dell'acquario che viviamo, che invece dovrebbe portare l'uomo alla riscoperta della propria essenza.
E' per questo motivo, con questa consapevolezza interiore che torno a scrivere e pubblicare, promettendo una serie di post, che traggano solo spunto dai fatti di attualità, ma ne ricavano solo lo stimolo per coglierne gli aspetti più vicini a noi, meno freddamente economici e politici, non disdegnando poi la vena umoristica e caricaturale, di cui tanto sento il bisogno (per crederlo basta leggere, fatelo, la sezione del post Autoironia caricaturale).
Fine della premessa e inizio del post, citando una frase: "Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana… Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell’equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta".
Non so quanti di voi saprebbero dirmi a chi appartengono queste parole, chi le ha pronunciate.
Potrebbe essere un indovinello, ma se vi dicessi che sono state pronunciate nel 1968, appare certo il fatto che sono, oggi, ancor più attuali rispetto a pochi anni fa, vista la situazione che viviamo. Ogni giorno si parla di borsa, di spread, di recessione, di decremento del PIL. Ma tutti questi aspetti cosa vogliono veramente dire per noi, quale è il loro reale impatto sulle nostre vita ?
Le parole citate, sono state pronunciate da Robert Kennedy in un suo discorso tenuto in un anno, che non passa inosservato: il 1968.
Anni lontani, così sembrano, ma chi, come me ancora bambino, ha vissuto gli anni '70, non sembrano così lontani: ripensando al blocco della circolazione delle auto, dopo le targhe alterne, causa shock petrolifero, e ricordando le domeniche in cui si andava in gita a piedi, poco fuori Perugia (lo era allora fuori città) e parlo della pineta di Lacugnano. Sono anni, non così estranei, ripensando, oggi, a quanto meno si aveva: niente TV via satellite, e neanche quella a colori; niente gas metano, ma stufe a kerosene e legna; niente telefonini e reperibilità costante, ma scarsa mobilità e precaria rintracciabilità ... e potrei continuare.
Si aveva meno, ma si viveva lo stesso; meglio ? non so, ma di certo la crisi faceva meno paura e ciò, sicuramente, perchè si cadeva da meno in alto. Oggi, anche chi come me ha vissuto e ricorda quegli anni, la crisi spaventa, perchè si ha molto più da perdere e quegli stili di vita sembrano invivibili ... figuriamoci spiegarlo ai nostri figli che nemmeno sanno più come funziona un telefono a gettoni, e si annoiano se li lasci in mezzo ad una campagna senza il Nintendo (magari 3DS).
 Ecco di cosa voglio parlare nei prossimi post: di quello che eravamo e di quello che siamo, perchè sempre di uomini si parla, che vivano oggi o siano vissuti alla fine degli anni '60. Vorrei parlare e capire se siamo cambiati, in cosa lo siamo e, viceversa, del nostro intimo e della nostra essenza di uomini, delle nostre esigenze cosa è rimasto. Vorrei capire con voi se questi anni di crisi che viviamo, non provochino effetti negativi, diciamo solo "apparenti", indotti dall'esterno, dal modo in cui in questi decenni ci hanno educato alla vita, ma che in realtà, non possono toccare o profondamente intaccare il nostro essere uomini, al di fuori e a prescindere dal tempo che viviamo.
Questo il mio intento, vedremo se riuscirò a concretizzarlo: un bocca al lupo a me e un augurio che ciò accada, perchè ne trarremo un beneficio entrambi, io che scriverò, voi che leggerete.

2 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  2. Non conoscevo quel discorso di Kennedy; è terribilmente attuale.
    La creazione di nuovi bisogni è ed è stato uno dei punti cardine del marketing moderno per far crescere il PIL.
    Peccato che non si considerino nel computo totale tutti i risvolti negativi in termini di sostenibilità della produzione nel tempo, inquinamento ecc:
    Di più, si finisce per diventare schiavi dei bisogni stessi e dover lavorare sempre più per poter mantenere tutte le cose e servizi vari di cui ci circondiamo molti dei quali inesistenti fino a pochi anni fa.
    Aspetto di leggere i prossimi post.
    Come al solito centri l'obiettivo!

    RispondiElimina