giovedì 27 dicembre 2012

Nuovo Cinema Paradiso e il mito dell'eterno ritorno


Più volte ho cercato di capire quale fosse il più bel film visto ed è sempre stato difficile esserne certo. Diverse "le pellicole" viste, vari i motivi per ritenere quel film o quell'altro il più bello tra quelli visti.
Ma proprio qualche giorno fa ho rivisto "Nuovo Cinema Paradiso".
Scrivo così dell'aneddoto di quando lo vidi per la prima volta, o meglio di quanto non lo vidi. Diciotto anni avevo e la proiezione era al cinema Lilli (solo chi è perugino da almeno venti anni lo ha frequentato): una sala cinematografica, combinazione vista la trama del film, che oggi non esiste più.
Mai, in quei giorni, avrei pensato di vedere proprio quel film in un cinema, che, di lì a qualche anno, non ci sarebbe più stato, venendosi a creare così, di fatto, un parallelo fra "realtà cinematografica" e "realtà di vita".
Ma non è solo questo il parallelo e qui, giungo al motivo per cui quel giorno il film non lo vidi. Avevo, appunto, diciotto anni, un'età in cui (forse solo ai miei tempi), ci si può innamorare, come lo si è fatto tante altre volte prima, ma per la prima volta, quella volta, si arriva a pensare o, chissà, percepire, che quella ragazza potrebbe essere la donna della propria vita. Un'età in cui si guarda indietro, ma si pensa in avanti; in cui si riflette sul futuro, immaginandolo come se fosse un presente in cui, noi, fantasticandoci ormai adulti, guardiamo al presente (che  invece in quel momento realmente viviamo), credendolo ormai il passato e lo ricordiamo con nostalgia, osservando il nostro "io" ragazzo pieno di speranze e sogni, ora che il nostro "io" adulto vive quella vita prima immaginata e già sa come è realmente andato quel futuro sognato. Insomma, un'età in cui i sogni si fondono con la realtà, facendoci immaginare la vita che sarà e che, puntualmente, è diversa da quella che, poi, oggi veramente stiamo vivendo.
Così, quel giorno, ero lì, al cinema, assieme a quella ragazza che, in quei giorni pensavo, sarebbe potuta essere la donna della mia vita e che, puntualmente, non è stata. E così non vidi granché del film, anzi ne vidi proprio poco, perché (forse solo ai miei tempi) al cinema si andava, anche per stare soli con la propria ragazza e ogni film poteva essere buono e, quel giorno a quell'ora, c'era "solo" quel film ... un film vincitore di  moltissimi premi e primo fra tutti l'oscar per il miglior film straniero ... beata e spensierata gioventù, che il Dio del cinematografo ci perdoni.
Solo qualche anno dopo, quando veramente vidi quel film compresi, cosa venne proiettato su quello schermo gigante, davanti a cui mi ero trovato, abbracciato a quella ragazza, oggi una donna, che non ho mai più rivisto, tornata, per quel che so, in Calabria. Quella donna che, forse, se leggesse queste righe, neppure saprebbe che sto scrivendo di lei ... chissà. Compresi, così qualche anno dopo, anche l'altro parallelo che quel giorno di anni prima stavo vivendo: un cinema più volte frequentato, che oggi non esiste più e una donna che in quei giorni era un grande amore, che non ho più rivisto ... certamente una realtà meno "cinematografica", ma si sa il cinema ha un potere magico superiore e la realtà pare più trita e povera, ma solo per chi non vive quelle vicende e non ne è protagonista.
Tante le chiavi di lettura che si possono dare a "Nuovo cinema Paradiso. Un film per chi non lo ha visto, che deve essere visto (questo un mio consiglio), pure nella sua lunga durata, ma che per questo va visto in silenzio, magari da soli, fino in fondo, immersi nei propri pensieri, nel proprio io profondo e con la certezza, che nel momento in cui apparirà la parola FINE, sarà sfuocata per colpa di qualche lacrima, che gonfierà i nostri occhi.
Una sceneggiatura, una storia che avrei voluto scrivere io, che avreste voluto scrivere voi, ma che per fortuna qualcuno ha scritto, Giuseppe Tornatore.
Di tutte le chiavi di lettura, mi piace ora pensare e riflettere sul concetto di eterno ritorno, il mito dell'eterno ritorno di Nietzsche. Un mito, appunto, perchè nega che la vita scompaia per sempre una volta vissuta e non ritorni; che qualsiasi avvenimento per quanto possa essere simile ad un altro già vissuto, non può essere un ritorno, perché qualcosa sarà cambiato, anche se si ripetesse all'infinito. In ogni momento che viviamo e che si è vissuto, ma anche in quelli che vivremo, c'è qualcosa di fugace ed effimero, che ci impedisce di condannarci se una scelta pare poi rivelarsi sbagliata, solo perchè non ha avuto le conseguenze volute e sperate. Quella scelta ci ha portato in un altra direzione, in cui abbiamo dovuto compiere, successivamente, un'altra scelta che stavolta ha dato i frutti cercati, ma che non avremmo potuto compiere se non avessimo prima fatto quella scelta che abbiamo giudicato sbagliata. Come si può giudicare una scelta se non sapremmo mai cosa sarebbe stato poi se avessimo scelto l'opposto: la vita non ritorna e le stesse scelte non si ripresentano una seconda volta e perciò si diventa innocenti nello scegliere, perchè prima di compierle non si sa, non si conosce. Senza il mito dell'eterno ritorno ogni scelta e ogni nostra azione perde la pesantezza della responsabilità, della necessità di ciò "che deve essere", per assumere la leggerezza della contingenza e di ciò che potrebbe essere, ma anche no.
La differenza sta nel pensare:
- che abbiamo, che portiamo, un destino, una missione e, così facendo, viaggiamo verso qualcosa che neppure conosciamo per non averlo mai vissuto prima (il matrimonio, la fama, la paternità, ecc.);
- che, invece, formiamo, creiamo, più o meno inconsciamente, un destino, vivendo con la consapevolezza che le nostre scelte non hanno pesantezza ed i fatti, le coincidenze della vita le accompagnano e le guidano in qualche modo.
Difficile diventa, però, affermare con sicurezza che la pesantezza sia una cosa giusta e la leggerezza sbagliata o l'esatto contrario. Ma, forse, e proprio questa domanda che non ha senso, perchè la vita non ritorna, ma va in avanti e solo avanti va.
Chi vedrà o ha visto il film, capirà così che non ha senso per Totò De Vita recriminare sul fatto di non aver visto quel foglio che Elena aveva lasciato nella stanza del proiettore, perchè il suo gesto iroso di averci appeso sopra un altro foglio, ha determinato la sua vita, senza però per questo aver compromesso la possibilità di rivedere Elena, anni dopo, e poter vivere quella notte di passione, che non aveva con lei mai vissuto prima e che, forse, non avrebbe vissuto se non si fossero mai persi di vista e magari si fossero sposati. Anche quello che pensiamo l'amore della nostra vita, non ha il carattere di pesantezza che gran parte della nostra società vuole attribuirgli, ma è qualcosa di più leggero, perchè non deve necessariamente essere. Il caso, la circostanza inaspettata ci parla e ci racconta molto più, perchè l'evento atteso, ciò che sapevamo doveva essere, in quanto tale, è muto e nulla ci racconta; per questo motivo la leggerezza, il non atteso, ci dona molto più: la capacità di riflettere, di meditare su un fatto che pensiamo "fortuito", sulle cosiddette coincidenze, permettendoci di vivere più intensamente "gli altri"e di non chiudersi nel proprio "io", alla perenne ricerca della costruzione del "nostro destino".
In un periodo storico, in cui ci hanno insegnato che si deve sapere cosa si vuole dalla propria vita, la negazione del mito dell'eterno ritorno e la certezza delle fugacità, dell'effimero, della linearità della vita, ci dona il sollievo della leggerezza delle scelte, perchè si vive una volta soltanto, e non potremmo confrontare il percorso che faremo con quello delle nostre vite precedenti, nè correggerlo in quelle future. 

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