martedì 28 luglio 2009

L'altra parte del cielo e di più le nostre compagne qui in terra



Ho avuto sempre buoni rapporti con le donne, anche se, a volte, mi son rimproverato di non aver imparato la lezione biblica della Genesi e della perdita del paradiso, per colpa di chi ci ha voluto far mangiare una mela, senza che ne avessimo voglia. In altri termini, per forte senso di responsabilità, troppe volte, ho convissuto con le conseguenze delle scelte delle mie compagne, ritenendo un dovere, nel rapporto di coppia, il farsi carico anche dei risvolti della vita generati dalle decisioni e dai desideri del partner. Ho ritenuto in tali casi che, se così non fosse stato, non avrebbe avuto senso parlare di coppia.
Tralasciando la divagazione, son certo anche del fatto che se contassi i miei amici, scoprirei che sono in numero maggiore le donne, anche se posso accettare la tesi di chi sostiene che, quando si tratta di rapporti tra uomo e donna l'amicizia ed i sentimenti "più forti" hanno un confine difficile da tracciare. Da queste poche righe, si è anche capito che non riesco ad usare con semplicità la parola amore (sentimenti "più forti"). So, però, che le donne che mi hanno sentito pronunciarla rivolgendomi a loro, dovrebbero esserne lusingate. Infatti, non mi piacciono nè gli uomini, nè le donne che "schifano" il sentire parlar di amore o la presenza di una vena di romanticismo nei rapporti tra i due sessi. Non mi piacciono perchè nello "schifarlo" dimostrano scarso rispetto per l'amore, che invece molto ne merita, perchè ritengo che sia una delle poche cose per cui vale la pena vivere.
Tanto di premessa, per parlare delle donne. Sono un "amante" (oltre che delle donne) dei documentari in genere, specie quelli riguardanti le scienze naturali e quelli storici, costruiti con immagini di repertorio, foto ed ogni altro strumento capace di "proiettarci a ritroso" nel tempo.
Così mi è capitato di vedere in Tv (amata Raitre) proprio siffatti documentari storici, narranti la condizione femminile ed il ruolo della donna nella nostra società.
Senza raccontarvi i contenuti, posso dirvi solo che questi documenti possedevano certamente la caratteristica di portare lo spettatore in quel mondo e nello specifico periodo storico raccontato. Ne ho la prova, perchè vedendo ieri il documentario relativo alla fase dagli anni '60 ad oggi, ho pensato prima a mia madre, poi alle donne mie "amiche" coetanee (tra cui mia moglie) e poi a mia figlia.

Ho pensato a mia madre, in quegli anni '60, una giovane donna di 30 anni, così "apparentemente" distante dalla mentalità e cultura espressa dalle coetanee che sfilavano in corteo. Apparentemente perchè per un figlio è difficile vedere tra le donne in corteo, la donna che ha conosciuto come madre, ma che a ben pensarci nel quotidiano ha "concretizzato" quelle conquiste rivendicate dai cortei femminili (evitando peraltro alcune esagerazioni presenti in parte di tali movimenti). Penso a mia madre, più forte di mio padre nel gestire la casa (e quindi nel far crescere una famiglia), allo stesso tempo in cui, sviluppava nel lavoro il proprio ruolo nella società, affermandosi come individuo non dipendente dal proprio compagno.

Ho, poi, pensato alle mie coetanee e qui i pensieri si sono moltiplicati ed ho faticato più nel tentatio di comporli a sistema. La causa è certamente la maggiore intensità e complessità emotiva che mi ha legato e mi lega ad esse rispetto a mia madre.
Come sintetizzare in pochi concetti, tante esperienze e rapporti umani ? Come ridurre ad un numero finito di pensieri, l'immensità in cui ho navigato nel rapportarmi, nel tempo, a donne così diverse tra loro, ognuna di loro così complessa? Molte di esse le ho viste cambiare negli anni di fronte agli avvenimenti della vita, a volte nel bene, altre nel male, tanto da farmi rallegrare o farmi provare tristezza e malinconia per come le avevo conosciute. Il dolore più grande, averle perdute e non saperne più nulla.
Il punto è comprendere: cosa hanno ereditato e valorizzato dell'esperienza di quegli anni '60 le donne che ho conosciuto ?
- non ho mai amato le donne, che hanno tratto da quell'esperienza l'insegnamento di doversi affermare a tutti i costi e di doverlo fare dimostrando di essere come gli uomini o meglio di loro. Il motivo è che le donne conosciute, che la pensavano in questo modo, mi hanno dimostrato che per far ciò hanno hanno smarrito il loro essere donna, finendo per essere peggio degli uomini (distorsione piena del concetto di parità). Un suggerimento? rimanete donne, cioè diverse (come siete) dagli uomini, affermerete meglio così la vostra autonomia psicologica. Ci saranno sempre donne valide e donne pessime, come accade per gli uomini, perchè è una regola che vale per tutti gli esseri viventi, quella di saper affrontare in modo giusto o sbagliato le varie situazioni della vita;
- non ho mai amato le donne che apprezzano individui maschi solo se hanno una bella casa, una bella auto, un ruolo e status professionale di un certo tenore. Meno che meno ho amato quelle che facendo ciò, non lo hanno mai voluto ammettere, affermando che era sufficiente l'amore (due cuori ed una capanna). Il motivo è che le donne conosciute, che la pensavano in questo modo, mi hanno deluso per la superficialità con cui giudicavano l'uomo, non riuscendo a superare la tentazione primordiale di valutare la superficialità, fermandosi all'istinto "animale" che le spingeva ad apprezzare i simboli di potere. Mi hanno fatto letteralmente in(caz)..furiare, quando poi venivano a piangere lamentandosi dello stronzo di turno che non sapeva valorizzarle e scoprirle nel loro "essere profondo" ... come dire se profonde non lo erano state loro nella scelta, era proprio un bel pretendere. Un suggerimento? domandatevi prima chi siete e cosa volete dalla vita e dal rapporto con un uomo, sarà più facile capire se sotto la superficie di colui che "mi è piaciuto da subito" (cioè senza sapere quale approccio ha quell'uomo con la vita) ci sia l'uomo che cercate (non dico per la vita, ma per il maggior tempo possibile);
- mi piacciono le donne che sanno gestire la propria vita, consce dei propri desideri e soprattutto quelle che, per questo, sanno vivere bene la propria sessualità. Sono loro alleato nel combattere la violenza sessuale (che non è tornata di moda oggi, ma che esiste da sempre, ma di cui poco si parlava). Il motivo: chi riesce a gestire la propria vita ed anche la propria sessualità, ha ben chiara la propria natura e la propria persona e riesce a donare equilibrio anche a chi gli sta accanto (amici o compagni), completandoli, donandogli la metà che gli manca. Di queste donne mi sono innamorato, perchè spesso non avevano un bel corpo, ma avevano la capacità di regalarti sempre un nuovo giorno più bello del precedente. Come dire: di un bel corpo ci si annoia, di una bella anima mai. Un consiglio? donne di questo genere, ovunque voi siate, mostratevi a me è sempre un piacere vivere accanto a voi. Ma mi raccomando non vogliate esagerare in questa capacità "gestionale" (leggere punto seguente);
- non mi piacciono però le donne che nel nome della propria libertà di vivere come vogliono, qualsiasi aspetto della vita, ma soprattutto la sessualità, affermano il potere di darsi a chi vogliono, tanto bisogna godere dei piaceri della vita e non farsi troppi problemi. il motivo? darsi poco è una forma di avarizia, un tentativo di risparmiare se stessi e di non donare parte del proprio io al prossimo, che ha come frutto amaro il rimpianto; darsi troppo è una forma di generosità che fa perdere valore a ciò che si dona, svalutando una delle cose più belle che la vita ci può regalare, ovvero il completamento del legame tra due anime che solo il legame fisico sa generare. Un consiglio ? Si sopporta meglio un rammarico che un rimpianto, ma datevi prima a chi vi ha mostrato un legame ed una fedeltà affettiva duratura, piuttosto che ad uno per cui sentite un'attrazione istintiva e di cui ignorate la fedeltà affettiva od addirittura ne conoscete l'instabilità;
- mi piacciono le donne che, come si dice, hanno un buon rapporto con il proprio corpo. Quelle cioè che lo sanno valorizzare, perchè lo curano per mantenerlo efficiente, in quanto conscie che non è importante il dato estetico, ma quello funzionale, perchè permette di far star bene l'anima. Il motivo? non ho mai "sbavato" per attrici, soubrette e donne viste sulla carta patinata dei giornali od immortalate nelle sequenza di un film. Questo perchè non le ho mai viste come persone, ma semplici immagini, modelli senza anima e mi sono sentito molto più attratto da creature in carne ed ossa, magari molto meno belle se non bruttine, ma molto più affascinanti , perchè assieme ad un bel corpo o più che compensandone uno meno bello, possedevano un'anima speciale. Un suggerimento ? razionalizzate le vostre paure, noi uomini (quelli migliori si intende, gli altri neppure li dovete considerare) vi apprezzano per come "occupate" lo spazio vitale del mondo in cui vi osserviamo vivere. Se il dato fisico può attirare nel primo istante, il vuoto o la pochezza interiore producono una forza centrifuga molto maggiore della forza di gravità connessa ad un bel paio di gambe o di tette o ... (l'elenco a voi). In altri termini il filo invisibile che lega il cuore di un uomo a quello di una donna è molto più saldo se fatto di anima, carattere, intelligenza, che se fatto di pelle. Amo queste donne, perche sono tutt'uno con se stesse, contenuto e contenitore e non solo quest'ultimo. Le amo perchè mostrano autosufficienza psicologica che vale ed è più dell'indipendenza. Eviterete di commettere l'errore del naufrago che sta annegando e che cerca di aggrapparsi alla prima persona che gli passa vicino, senza domandarsi se sa nuotare meglio di loro nell'immenso mare della vita.

Ora è il momento di mia figlia. Che dire ? un padre non sa essere obiettivo. Scusate, chi non è genitore forse non mi capirà appieno e mi prenderà per sciocco. Guardavo mia figlia alcune sere fa, mentre dormiva. Sua madre (mia moglie) mi ha detto "dorme come te". Mi si è aperto il cuore e l'anima si è innalzata così tanto da non riuscirla quasi a recuperare. Prima di tutto, perche la frase di mia moglie mi ha fatto pensare all'amore che prova per me ed al fatto di avermi osservato dormire (cioè in quel momento di vita, di cui, neppure noi stessi che tanto ci amiamo, potremo essere mai consci). Poi perchè ho provato l'emozione di pensare che in mia figlia ho riversato una parte di me senza volontà, per il solo fatto di averla generata. Ho provato la stessa senzazione in altre due occasioni: la prima quando durante una delle ecografie in gravidanza il ginecologo ci mostrò che Lei se ne stava a gambe incrociate (come spesso faccio io); l'altra quando io e Lei seduti sul letto, appoggiati allo schienale, guardavano la televisione e mi sono accorto che ce ne stavamo nella stessa posizione, con gambe allungate ma accavallate. La sensazione è quella di un mistero incomprensibile, sulla base del quale si possono trasmettere ad un figlio, atteggiamenti propri (anche banali), ancora prima che siano nati o nelle prima fasi della vita. Magari per anni ci si sforza di educarli e trasmettergli "volontariamente" valori, idee e quant'altro e non si ha lo stesso successo. Seguendo questo ragionamente ho osservato, anche stasera, mia figlia che dorme: ho pensato che gli ho trasmesso inconsapevolmente qualcosa di me, e non riuscirò mai volontariamente a trasmettergli altre cose. L'ho guardata e mi sono tornati in mente momenti in cui Lei già sfoggia la civetteria delle donne nei confronti di suo padre. L'ho riguardata ed ho visto una donna, quella donna che spero di poter vedere crescere e che mi auguro sia come e migliore di alcune delle mie più care coetanee. L'ho rimirata ed ho visto quella donna, che farà un sorrisetto, pensando con benevolenza a quel padre, quando magari, un giorno, leggerà queste righe scritte, per tutte le donne che ho conosciuto e che dedico a Lei che sarà per sempre la "mia donna".

lunedì 27 luglio 2009

il destino d'essere fortunati


Premetto che non sono un "patito" di gare automobilistiche, nè di quelle motociclistiche.
Anzi, mi è capito talvolta (credo sia esperienza comune) di "godere" di queste gare come metodo naturale per vincere l'insonnia e per conciliare la pennica pomeridiana.
Mi piace, però, lo sport, specie perché lo ritengo, sin da quando l'ho praticato agonisticamente ed oggi quale spettatore, capace di dare lezioni di vita, ma ancor più in quanto "metafora" della vita.
Come nella vita, lo sport ti procura gioia per la vittoria ma delusione, tristezza e senso di sconforto nel momento della sconfitta.
Come nella vita, se è vero che i risultati si ottengono con l'impegno, è anche vero che ci sono atleti e persone nella vita, che non ottengono vittorie e gioie nonostante l'impegno.
Il motivo è che nello sport, come nella vita, vi sono fattori non del tutto governabili e per dirla in una parola, anzi due, un ruolo importante lo gioca la fortuna o destino che dir si voglia.
Si potrebbe parlare per ore del concetto di fortuna ed ancor più di quello di destino.
nell'antica Grecia, il destino era ritenuto così potente, che persino gli Dei vi sottostavano. Non a caso, Fato è la traduzione latina del concetto degli Stoici, i quali avevano ipostatizzato il concetto ponendo un Logos - Ragione - regolante di necessità l'essere dell'universo.
Il concetto di Destino in Spinoza si esprime come necessità, un determinismo assoluto di ogni accadere e di ogni esistere.
Se si vuole essere precisi si potrebbe anche meglio distinguere il concetto di fato da quello di destino. Il primo, in uso anche moderno, è concepito come un potere od un agente che predetermina e ordina il corso degli avvenimenti, per cui gli eventi sono ordinati o "predecisi", messi in opera da una forza od intelligenza che ci trascende. Il concetto di destino contempla una partecipazione di chi "subisce" le conseguenze, in quanto, partecipa attivamente alla conseguenza di un progetto e la partecipazione accade in tutta coscienza. Il destino ha la stessa radice di "destinazione", ma senza una voluta partecipazione del soggetto non c'è destino e quest'ultimo non può essere costretto ad agire su qualcuno.

Ma in relazione a quanto voglio raccontare con questo post, mi basta far riferimento al fatto che il destino era personificato dagli antichi greci nella figura di Nemesis, il quale rappresentava la cieca distribuzione della fortuna, ovvero senza valutare le opere ed i meriti di coloro, a cui dispensava la propria parte di ventura/sventura, ma solo in base ai suoi personali desideri (meglio capricci).
Questo post, circa il ruolo del destino o meglio del fato e della (s)fortuna che dispensa, è maturato quando lo Specchio mi ha mostrato le immagini del pilota Ferrarista Massa, colpito alla testa da un componente meccanico durante le prove del GP di Ungheria. E' bastato che lo specchio, subito dopo, mi mostrasse le immagini della vittoria/sconfitta sempre di Massa nel GP del Brasile dello scorso Campionato per indurmi una riflessione.
Per chi non ha memoria della gara del Brasile allego due link:

http://www.youtube.com/watch?v=zAsMDaoHif8

http://www.youtube.com/watch?v=F4Kc-5WPPMg&feature=PlayList&p=79BF31912F307829&playnext=1&playnext_from=PL&index=41

Ho sempre "avvertito" dentro me questo pensiero, ovvero che nella vita si può essere "self made man" ma i meriti della propria riuscita non sono tutti i nostri. E' vero, nella vita si può essere sprovveduti e dilapidare "qualsiasi fortuna" o non sfruttarla al meglio, però credo che conseguire un successo sia un "mistero", che non permette di generare una ricetta, una formula che ne permetta la ripetizione in qualsiasi circostanza e che sia valida per ogni persona.
Non ho mai voluto esprimere apertamente questo pensiero; al massimo ne ho parlato a denti stretti, a motivo di una sorta di pudore. Mi sembrava, che parlandone, potessi dare l'impressione all'interlocutore di cercare un alibi per qualche mio "piccolo" insuccesso, o per non aver ottenuto qualche "grande" desiderio.
La forza di sostenere "ad alta voce" questa riflessione, oggi me la da, invece, proprio la vicenda Massa.
Come dicevo i fatti dello sport, sono connotati spesso dal potere di rappresentazione simbolica dei fatti della vita, arrivando a costituirne una metafora.
A volte, la vita ti regala batoste e sconfitte, che non ti permettono di rialzarti con facilità, mentre il bello dello sport è che di fronte alla sconfitta ti viene consentito di rialzarti e di ottenere un'occasione di riscatto nella gara successiva.
Nel caso di Massa neppure questo è vero, e pare essere più un fatto di vita che di sport.
Chi ha buona memoria (gli altri vedano il filmato nel primo link), l'ultima gara del campionato mondiale dello scorso anno si correva in Brasile. Se Massa avesse vinto la gara, sperando in un certo piazzamento di Hamilton (dal 6° posto in poi), sarebbe stato campione del mondo, conquistando il titolo nella sua terra, il Brasile, che aspettava un simile evento dopo la morte di Senna. A due giri dalla fine comincia a piovere e Massa è primo, mentre Hamiltom perde posizioni e va oltre il sesto posto. Poi Massa taglia il traguardo, è primo! tutti esultano, ma nello stesso momento, a mezzo giro dalla fine, Glock che era quinto davanti ad Hamilton ha un rallentamento, ed Hamilton lo supera, tagliando il traguardo quinto e vincendo il mondiale, mentre ai box già si esultava per Massa.
Commovente poi la scena del dopo gara con Massa, che rivolto al pubblico, batte il pugno sul cuore, come a dire "vi amo, grazie del sostegno, avrei vinto per voi, ma forza vincerò il prossimo anno" (vedere il filmato del secondo link). Insomma, un paradosso: un vincitore (di gara) sul gradino più alto del podio, con la faccia dello sconfitto.
Già! ... il prossimo anno, la prossima occasione, che la vita non ti da, ma lo sport sì.
E invece lo sport questa volta riesce a rappresentare fedelmente la vita. Arriviamo ai fatti recenti di sabato: Massa gira nelle prove cronometrate del GP di Ungheria. Dall'auto che lo precede si stacca una molla (che pesa un chilo) e piomba sul suo casco (meno male il casco), il tutto mentre l'auto viaggia a più di 200 Km/h. Il pilota perde i sensi e l'auto finisce fuori strada sulle barriere. Il tutto ricorda l'incidente di Senna (anche qui il destino supera qualsiasi fantasia di scrittore).
Risultato: Massa operato è fuori pericolo, non ci sono lesioni al cervello, ma pare che il nervo ottico abbia subito danni. Non si sa se Massa potrà tornare a correre.
Credo che meglio di ogni altra cosa i fatti facciano capire cosa intendo.
Non sono un tipo che si arrende facilmente nella vita. Batoste anche recenti ne ho avute ed ancora subisco qualche conseguenza, ma ho sempre speranza, che pure la vita possa perdere ed il destino debba sottomettersi, così come più spesso accade nello sport.
Massa (vincente sconfitto) non mi deludere! Ti aspetto, quando tornerai a correre. Io ci sarò, davanti alla TV. Prometto di saltare la pennica per vedere che, per una volta almeno, ho avuto ragione.





domenica 26 luglio 2009

Cerco un uomo




Avevo, come al solito, già pronti tutti altri post, ma ormai lo sapete è lo specchio che decide. Quando, infatti, pensavo di pubblicare tutt'altro, ho guardato nello specchio e non so dirvi se egli ha deciso di "rivelare ... ciò che..." alcuni "..."desiderano vedere" o se come spesso capita ha deciso "... spontaneamente" di "mostrare delle immagini ... più strane e utili di quelle che noi stessi desideriamo vedere".
Fatto è che nel guardarvi ho visto quello che sembrava un uomo. Un uomo con la lanterna in mano e ciò mi ha fatto ricordare il racconto che mi era stato fatto sin dalla scuola elementare di quel buffo signor filosofo, che rispondeva al nome di Diogene. Ho ricordato il senso di quella storia, di quell'uomo che, a chi gli domandava perchè girasse con una lanterna accesa in mano, rispondeva "cerco un uomo".
Oggi, come allora, sembra così facile (e non è) cercare e trovare un uomo nelle vie che frequentiamo e percorriamo nel quotidiano. Ma la domanda che lo specchio ha generato nella mia mente è stata: "ma l'uomo che cercava Diogene ai suoi tempi, è lo stesso che cerchiamo noi oggi ?" Così un'altra frase mi è tornata in mente, questa volta attribuita ad Aristotele "Ormai, tutto quello che c'era da inventare lo abbiamo inventato" (IV secolo avanti Cristo).
Il nesso ? una frase che potrebbe far sorridere, se pensiamo a quanto di nuovo da allora nel corso dei secoli l'uomo ha visto, rispetto a quanto lui stesso ha inventato.
Ma il nesso è quella grande verità che è contenuta in questa frase: da allora ad oggi, malgrado tutte le "apparenti" invenzioni dell'uomo, resta sempre e solo lui, l'uomo.
In pratica, restano i medesimi sogni, speranze e paure, resta sempre il mistero presente dentro e fuori l'uomo. E come diceva ancora Aristotele, in effetti "l'uomo è la somma dei suoi desideri".
Spero, ma ne son anche quasi certo, che lo specchio in futuro mi mostrerà immagini per farmi parlare di molti, o forse di tutti, questi desideri, ma oggi mi ha mostrato l'uomo nella sua somma, o meglio quanto "soma" che per gli antichi greci significava corpo quale realtà oggettiva e quanto anima. A dire il vero già qui si potrebbe dire molto perchè parlare di anima vuol dire parlare di animus ovvero un sinonimo, agli albori del latino, di spiritus, parola in cui sono confluiti i termini greci di pneùma (inspirazione cioè momento di espansione della respirazione) e psychè (espirazione come contrazione della respirazione). Non a caso da animus (sinonimo del latino promordiale di spiritus) deriva la parola animale (essere che respira che si muove).
E allora l'uomo cos'è ? l'animale spiritus (che respira) fatto, quindi, di corpo, ma anche di qualcosa che lo differenzia dagli altri esseri che respirano (gli altri animali). La classica domanda a cui molti hanno risposto in modi diversi, fino a che ai giorni nostri la Chiesa ha voluto riconoscere anche agli "altri" animali un pò di trascendenza, indicando l'esistenza di un loro paradiso.
Cosa voleva lo specchio? che parlassi del'uomo e della sua identità/differenza rispetto agli "altri" animali?
Nel riguardarlo ho visto il nostro mondo, come lo conosciamo oggi e poi d'improvviso, il modo così come lo conoscevano gli antichi greci, romani, ma ancora più nell'antichità persino gli affascinanti Egizi. Ma nello specchio restava sempre un'immagine l'uomo: quello di oggi, come quello di ieri, mentre era intento a cercar di capire la realtà da affrontare e le scelte da fare. Così ho compreso la vera immagine dello specchio: il bene ed il male.
Parleremo in futuro dei desideri, la cui somma fa l'uomo, ma sicuramente il punto da cui partire è l'uomo, l'essere che, ogni giorno deve scegliere, cercando di decidere quale sia bene e quale sia male. Ma ancora più, l'essere, che oggi bombardato di notizie e resoconti di fatti, vede i suoi simili fare (con o senza pensare) ed è così chiamato a giudicare se gli altri scelgono ed agiscono in un modo che è bene o che è male.
Lasciando Aristotele, per passare a Socrate, come egli di sè diceva, anche noi sentiamo una voce parlarci e che ci "dissuade dal fare ciò che stiamo per fare ...".
Il pensiero umano già a quei tempi entra in "krisis" perchè giunge al momento del giudizio della scelta. E sempre i greci di scelte ce ne hanno forniti diversi esempi, il più famoso quello di Paride chiamato a decidere fra tre Dee.
Per non essere tacciato di scrsa modernità, il mio pensiero passa ai filosofi greci ai giorni nostri nel pensare al tema della scelta ed alla sua "giustezza" e mi sovviene Kundera ed il concetto di leggerezza contrapposto a quello di pesantezza. Se l'uomo sente il dovere di perseguire un destino diviene pesante in ogni sua scelta, ma se l'uomo si convince che non avrà mai la possibilità di verificare la giustezza o meno di ogni sua scelta vivrà nella leggerezza (magari insostenibile, ma leggerezza).
Ho usato il termine per-seguire proprio perchè, nel dover scegliere, ognuno di noi cerca un metodo, parola appunto che richiama alla mene Hodòs, ovvero via che porta al di là della metà.
Può venirci allora in mente il concetto di "sliding doors" nel senso di biforcazione della strada e di scelta che genera una conseguenza di un tipo e scelta dell'opposto che ne genera un'altra (ma addirittura in greco di parlava di trìodos cioè trivio simboleggiato dalla Y).
Tutto questo per dire cosa ? Per dire che oggi si fanno molte cose e molte vengono decise da noi, Ma spesso, in diversi casi, pensiamo di decidere noi, ma non ci accorgiamo che le scelte ci vengono, per così dire, "imposte" da quello che vediamo, sentiamo, da modelli che altri ci propongono e che noi accettiamo senza interrogarci se, davvero, rispondano al nostro modo di essere al nostro tipo di "respiro (spiritus)".
Poche volte comprendiamo che il compito che la vita ci assegna quotidianamneto, non è scegliere, ma trovare noi stessi (quante volte sentiamo nostri amici dirci che stanno cercando di ritrovare sè stessi).
Come ho scritto nel mio profilo di facebook (2° citazione): "Ciò che è importante, non è trovare la strada per non perdersi nel bosco della vita, ma scegliere e seguire la via che ci pare meno battuta; solo in questo modo continueremo ad essere unici e noi stessi e non uno dei tanti altri che spesso incontriamo, smarriti, nella vita".
Siamo venuti al tema iniziale "cerco un uomo", noi tutti siamo Diogene, alla ricerca di quell'uomo che siamo noi, ricerca senza della quale non possiamo scegliere, neppure in maniera leggera, perchè npn riusciremmo neppure a vedere quella strada che stiamo imboccando nel fare una data scelta (figurarsi accorgersi di trovarsi nel trivio degli antichi greci).
Non si tratta di scegliere per paura di dover rendere conto agli altri, nè di temere il giudizio di chi detiene la "verità". A tal proposito pensate che nell'Antico Egitto verità era "Ma'at" che altro non era che una divinità con in testa una piuma di struzzo, che ella poneva su un piatto della bilancia, mentre sull'altro vi era il cuore del defunto, il quale dinnanzi a 42 giudici doveva rispondere alla domada che ognuno di essi gli poneva rispetto ad un capo di accusa (insomma 42 capi di accusa). Ci consoli pensare di non dover avere un cuore più leggero di una piuma di struzzo, così anche chi di noi crede nel giudizio dopo la morte, si convinca che per poter scegliere bene la prima cosa è (ri)trovare sè stessi, (ri)trovare quell'uomo, che seppure nel corso dei millenni molto ha visto, resta sempre quell'uomo che anche Aristotele conosceva, la somma dei suoi desideri; ma di questi lo specchio mi parlerà nel prosieguo.

giovedì 16 luglio 2009

la rete "virtuale"

Nel nostro quotidiano, quando sentiamo trattare il tema della comunicazione attraverso internet o, volendo apparire più moderni, mediante i "social network", noi tutti, esperti o meno esperti, abbiamo sentito citare il sostantivo"virtuale".
Ebbene, nessun sostantivo potrebbe essere più appropriato per designare lo stato della potenziale capacità di connettività alla rete di cui ciascun italiano è dotato. Proprio per questo ho usato il termine "potenziale", in quanto la capacità di potersi "rapportare" con la rete è pressochè virtuale per molti italiani. E se è pressochè virtuale la capacità di potersi "rapportare" con la rete, altrettanto lo è la possibilità che molti italiani hanno di comunicare attraverso questa tecnologia e, quindi, di poterla utilizzare per rapportarsi agli altri, ovvero di vivere in questo mondo, nel modo più "moderno" possibile (e ci si potesse rapportare con questa modalità almeno con gli altri Paesi Europei ... alla faccia dell'Europa unità).
Dico questo, perchè, senza volere scomodare il fattore denaro, ovvero il costo della connettività (tanto noi italiani mica abbiamo di questi problemi, vista la florida economia e l'alto potere di acquisto dei nostri redditi), a molti dei nostri concittadini manca proprio la materiale possibilità di connettersi alla rete, anche volendo pagare cara tale "ricchezza" sociale.
Ho sperimentato tale "povertà" sulla mia pelle e spero di non doverla risperimentare tra breve, essendo in procinto di trasferire la mia residenza. Mi debbo augurare di non dover sopportare questa pena, come punta dell'iceberg dei disagi da trasloco, quale corollario della teoria "partire è un pò come morire, traslocare è invece molto soffrire" (ma del trasloco tratterò in un altro post). Infatti, se fino a circa due anni fa ero ancora costretto a connettermi con modem 56 K, data l'assenza di copertura dell'adsl nella mia zona di residenza, non vorrei , trasferendomi, dover sperimentare questo dejavu. Direte voi, però il passato è passato e chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scordammuse o'... Come dire anche mio nonno non aveva acqua corrente in casa, ma quando poi l'ha avuta, ricordava i bei tempi della gioventù e rimembrava di non avere avuta acqua in casa, quasi con nostalgia, dato che tale disagio era così poca cosa rispetto ai pregi della giovane età.
Vengo però a sapere che, nell'anno del signore 2009, ovvero ancora oggi , vi sono nello spazio geografico in cui prevalentemente esercito le mie funzioni vitali, zone che ancora non s'attaccano con linee adsl, ma s'attaccano alla rete con modalità più retrò ... cioè s'attaccano. Non parlo mica del burkina faso (con tutto il rispetto), ma di aree del comune di Perugia e di comuni limitrofi al predetto, che mi risulta essere, peraltro, capoluogo di regione.
Un commento ? quelli li aspetto da Voi!
Questo il presente, vi ho detto del passato, ma come sapete questo blog porta il nome dello specchio che mostra anche "cose che ancora devono essere".
Allora volete sapere cosa penso meditando sul futuro ? e magari cercate una riflesione che tenga conto di chi ci governa e di chi sta all'opposizione?
Se tanto mi da tanto, sapete bene dell'interesse che ha chi governa per lo stato della rete e della connettività (leggi ddl Alfano, blog e sciopero con manifestazione di due giorni fa).
Direte voi: "sì ma tanto c'è l'opposizione!" allora vi dico: visto che Grillo più volte ha evidenziato lo stato di "eccellente arretratezza" del nostro Paese in tema di connettività, e preso atto che il PD è stato prontissimo ad intralciare la candidatura alle primarie del medesimo "grillo parlante" , dico anche in questo caso "se tanto mi da tanto" , ovvero anche la futura ampia e libera connettività degli italiani è proprio assicurata e quella poca disponbile pian pian sarà ipotecata (nel senso che rapporto stipendi/costo per averla dovrà esserci chi davvero ce la garantisce presso qualche istituto di credito per nostro conto). Insomma, per usare ancora le parole di Galadriel lo specchio "mostra molte cose, e che non tutte si sono già verificate. Alcune non avverranno mai".

lunedì 13 luglio 2009

Ancora prima di iniziare sciopero

Così mentre pensavo al primo post o meglio già avevo più di un'idea, mi trovo a scioperare prima che cominci a lavorare.
Per comprendere meglio il motivo leggete quanto indicato in questo sito http://dirittoallarete.ning.com/


mercoledì 8 luglio 2009

concepire e portare alla luce la creatura

E così si inizia, ma in quale modo? La prima intenzione è stata quella di cominciare, scrivendo e pubblicando subito il primo vero post. Già avevo l’idea (che naturalmente presto porterò, comunque, a compimento). Ma proprio mentre stendevo le prime righe, ho repentinamente cambiato idea, pensando che fosse miglior cosa iniziare descrivendo il blog.
Così, ho subito pensato di evidenziare i motivi per cui ho voluto crearlo, per poi raccontare il percorso intrapreso, sino ad oggi, partendo dal “concepimento” dell'idea, sino al "parto", che ha portato alla luce questa creatura, della cui crescita e sviluppo, già mi sento responsabile, allo steso modo in cui lo si può essere di un proprio figlio.
Ma pure in quel momento ho, nuovamente, mutato opinione, lasciando al tempo futuro il compito di raccontare in maniera diretta la gestazione, la nascita ed i sogni riposti su questo neonato.
Sono così giunto a definire, con chiarezza, cosa sarebbe stato meglio scrivere. Cosa ? ciò che avete appena letto.
Ho, infatti maturato la convinzione che la migliore idea per dare alla luce il blog, fosse quella di lasciare sfogo all’immaginazione di chi leggerà, affinché possano generarsi aspettative, che, ovviamente, io spero di non deludere.
Ed allora quale poteva essere il modo migliore se non presentarlo, generando una sorta di sottotitolo, costituito da alcuni passaggi tratti dal capitolo de "Il signor degli anelli", che reca lo stesso nome del blog.
Ovviamente in questo caso, all’opposto di quanto viene detto all’inizio di alcuni films, "nome e passaggi" non sono del tutto puramente casuali.
A voi immaginare, per scoprire solo nel futuro, frequentando il blog quanto dell’immaginazione risponde a realtà. Ed allora ecco la presentazione del blog:
"Molte cose domando allo Specchio di rivelare e ad alcuni posso mostrare ciò che desiderano vedere. Ma lo Specchio può anche spontaneamente mostrare delle immagini che sono spesso più strane e utili di quelle che noi stessi desideriamo vedere … esso mostra cose che furono, e cose che sono, e cose che ancora devono essere. Ma quali fra queste egli stia vedendo nemmeno il più saggio può sapere… lo Specchio mostra molte cose, e che non tutte si sono già verificate. Alcune non avverranno mai; accadranno solo se coloro che le vedono abbandonano la loro strada per impedirle”.
“Mi consigli tu di guardare ?” domandò Frodo.
“No” rispose lei “io non ti consiglio né l’una né l’altra cosa. Non sono un consigliere … . Vedere è al tempo stesso un bene e un pericolo".